27 Set 2024
Venerdì 27 settembre 2024 alle 17,30 al Museo provinciale di Potenza è in programma l’incontro con Sigfrido Ranucci promosso dallo Spi Cgil Basilicata.
Libertà
di informazione, Costituzione, democrazia, legalità e giustizia
sociale. Sono questi i temi al centro dell’incontro con il
giornalista d’inchiesta Sigfrido Ranucci.
A partire dal suo ultimo libro “La scelta”, edito da Bompiani, Sigfrido Ranucci, intervistato dalla giornalista Beatrice Volpe, storico volto della TgR Basilicata, racconterà se stesso e il suo lavoro.
Giornalista coraggioso e indipendente, da anni in prima linea per la difesa della libertà dell’informazione, insieme alla sua équipe di Report, Ranucci ogni giorno si dedica a vagliare informazioni, collegare eventi, ascoltare voci per decidere come raccontare le notizie che qualcuno vorrebbe rimanessero sotto silenzio. Per la prima volta Ranucci racconta il cammino che lo ha condotto sin qui. L’autoritratto coraggioso di un uomo che, nonostante la pressione costante della realtà nei suoi aspetti più duri, non cede al cinismo, non smette di chiedersi e di chiederci: “Qual è la scelta giusta?”. E di trovare ogni volta la risposta, per rispettare la promessa che lo lega a un pubblico che ha ancora a cuore la legalità e la giustizia sociale.
di Fabio NEROZZI e Walter TRIPI
Recensione del nuovo libro di Sigfrido Ranucci
Uno degli obiettivi principali di un analista di compliance è quello di esaminare con precisione e dedizione, ogni dettaglio per assicurarsi che le azioni e i processi di un’azienda siano in linea con leggi, regolamenti e codici etici. Ogni documento esaminato, ogni processo valutato, è un passo verso la trasparenza e l’integrità. Questo lavoro, meticoloso e spesso silenzioso, è cruciale per garantire che l’organizzazione operi senza violare le norme e i principi su cui si basa.
Analogamente, un giornalista d’inchiesta che meriti tale qualifica si muove con la stessa scrupolosa attenzione nel mondo delle notizie. Armato di una profonda etica professionale e di un impegno incrollabile verso la verità, il giornalista scava nei fatti, esamina testimonianze e verifica ogni informazione. Ogni intervista, ogni documento analizzato, ogni riscontro ottenuto è un tassello in più nel mosaico della realtà che cerca di portare alla luce.
Sia la verifica di compliance che l’inchiesta giornalistica operano con l’obiettivo di rivelare la verità nascosta, di portare alla luce ciò che è stato oscurato. Entrambi i processi richiedono:
oggettività,
rigore e,
una forte bussola morale.
Se l’analista di compliance agisce per assicurare che le aziende rispettino le regole e i principi stabiliti, il giornalista d’inchiesta lavora per garantire che la società sia informata, libera e giusta. Entrambi sono guardiani della trasparenza, dedicati a mantenere l’integrità nel proprio ambito attraverso un impegno costante verso l’onestà e l’etica
Sigfrido Ranucci è da sempre uno dei migliori giornalisti di inchiesta.
Nato a Roma e laureato in lettere alla Sapienza, ha iniziato la sua carriera lavorando per il giornale Paese Sera. Nel 1989 è entrato al TG3, occupandosi di cronaca, attualità e sport. Ha collaborato con Claudio Ferretti nel programma Anni azzurri nel 1994 e dal 1997 con Rai International, Rai News 24 e Tg3 Primo Piano. Nel 1999 è stato inviato nei Balcani e nel 2001 a New York per seguire gli attentati dell’11 settembre. Ha condotto numerose inchieste su vari temi tra cui traffico illecito di rifiuti, mafia, e armi con uranio impoverito. Ha denunciato l’uso di fosforo bianco da parte dell’esercito statunitense a Falluja, e ha trasmesso l’ultima intervista inedita del giudice Paolo Borsellino, suscitando molte polemiche.
Nel 2005 è stato inviato a Sumatra per lo tsunami. Dal 2006 è coautore di Report con Milena Gabanelli e nel 2009 ha pubblicato con lei il libro “Ecofollie”. Sempre nel 2009, ha pubblicato “Il patto: da Ciancimino a Dell’Utri, la trattativa Stato-mafia nel racconto inedito di un infiltrato”. Nel 2010 ha condotto l’inchiesta sul ritrovamento della pinacoteca di Calisto Tanzi. Dal 2011 collabora con il Corriere della Sera e nel 2012 ha creato il programma “Off the Report” per Rai3. Dal 2017 è il conduttore di Report, ricevendo nel 2021 il premio Flaiano di televisione. Nel giugno 2020 è stato scelto come vicedirettore di Rai 3 da Franco Di Mare.
“La Scelta” di Sigfrido Ranucci è un libro che si insinua nelle profondità dell’anima, un’immersione senza censure nel cuore stesso del giornalismo d’inchiesta. Ranucci, noto per il suo impegno instancabile nel portare alla luce verità scomode e nascoste, si apre in modo sorprendentemente sincero, svelando i segreti dietro alcune delle inchieste più cruciali della sua carriera.
Attraverso queste pagine, si delinea un autoritratto coraggioso di un uomo che ha fatto della sua missione la difesa della libertà dell’informazione e della giustizia sociale. Con una prosa incisiva e coinvolgente, Ranucci ci guida attraverso i labirinti delle sue indagini, rivelando i rischi, le sfide e le scelte morali che hanno plasmato il suo percorso.
Il successo del libro ha sorpreso sia l’autore che la casa editrice, un segnale chiaro della sete di libertà di informazione presente nella società. Lo stesso Ranucci descrive “La Scelta” come un atto d’amore verso la libertà di stampa, un debito saldato nei confronti del suo pubblico. Il libro non solo narra le inchieste per cui Ranucci è famoso, ma rivela anche un Sigfrido segreto, un lato personale quasi parallelo a quello del giornalista d’inchiesta. Racconta delle trappole e delle difficoltà di svolgere un giornalismo libero, in un sistema spesso malato e abituato a considerare la propria corruzione come normalità, perdendo così la capacità di indignarsi.
Ranucci crede fermamente che le inchieste non solo diano coraggio a chi le conduce, ma anche a chi le ascolta. La lettura del libro mostra chiaramente come Ranucci metta a disposizione il proprio lavoro e la propria vita per fornire un’informazione chiara e oggettiva, al fine di instillare nel suo pubblico il seme del bene comune. Lo fa senza fare sconti a nessuno, con una forza che, forse, gli viene data ancora oggi da quel costume “da crescere” regalatogli dalla nonna quando era piccolo e che oggi pare essergli cucito addosso. Lo fa a rischio della propria incolumità, fisica e reputazionale.
Ogni capitolo del libro è caratterizzato da una parola chiave. La prima, non a caso, è “Partire”. Il viaggio di Ranucci inizia con alcune delle inchieste più significative della sua carriera, come quella sugli attentati dell’11 settembre. Ranucci racconta: “Solo in quel momento ebbi la piena consapevolezza che eravamo all’indomani di un nuovo mondo. In quello antico si poteva andare all’aeroporto all’ultimo minuto, beffarsi delle religioni senza rischiare la vita, fare la spesa in un magazzino kasher come in un qualsiasi altro negozio. Da lì a poco lo spazio sociale sarebbe cambiato, chi aveva progettato l’attentato aveva espressamente voluto anche quel cambiamento scegliendo chirurgicamente gli obiettivi: le Torri Gemelle rappresentavano il potere economico, il Pentagono quello militare, e il potere politico era rappresentato dalla Casa Bianca. L’unico obiettivo fallito dall’aereo che era precipitato in Pennsylvania. Oggi mi viene da pensare che se i terroristi fossero stati meno banali e scontati, avrebbero potuto colpire anche Hollywood, il simbolo della dominazione culturale americana.”
Prosegue poi con quella sull’uso del fosforo bianco da parte degli Stati Uniti nella battaglia di Fallujah, uno scoop internazionale che ha avuto un’eco mondiale e che ha svelato crimini di guerra altrimenti occultati. Questo episodio, come molti altri narrati nel libro, è emblematico del modo in cui il giornalismo d’inchiesta può sfidare il potere e svelare verità nascoste.
Un altro punto cruciale del libro è l’incontro tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini in un autogrill, una vicenda che ha scatenato polemiche e processi. Ranucci racconta i retroscena di questa inchiesta, evidenziando il coraggio delle fonti giornalistiche che hanno contribuito a svelare tali incontri segreti e il loro impatto sulla trasparenza politica. La professoressa che ha consegnato il filmato e le foto di quell’incontro è diventata un simbolo del coraggio civile, nonostante stia affrontando un processo ancora in corso.
Altrettanto importante il capitolo relativo alle dichiarazioni di Francesco Pennino, affiliato al clan Ferrara subito dopo dopo gli attentati di Parigi. Il malavitoso racconta di aver assistito ad un un incontro tra Salah Abdeslam ed il vertice del Clan Ferrara nel locale “Medina Cabaret” a Porte de Montreuil, durante il quale Abdeslam acquista armi ed esplosivi dai Ferrara. Rivela anche che l’esplosivo usato negli attentati di Parigi era dello stesso tipo di quello utilizzato da Antonio Ferrara per la sua evasione dal carcere, e di essere a conoscenza dell’esistenza di un piano dei terroristi per colpire il Vaticano contaminando le condotte idriche con sostanze chimiche.
Ranucci, riconoscendo l’importanza e l’urgenza delle informazioni ricevute, sceglie di non tenerle per sé per uno scoop, ma di agire per il bene comune. Contatta immediatamente un alto ufficiale dell’antiterrorismo, consegnando la sera stessa, il materiale a un intermediario dei servizi segreti. Alcuni mesi dopo, il 18 marzo 2016, nel corso di un’operazione delle forze di polizia: le informazioni di Pennino trovano conferma.
Ranucci non evita di parlare delle difficoltà e dei rischi associati al giornalismo d’inchiesta. Racconta di minacce, querele e tentativi di intimidazione e creazione di falsi dossier contro la sua persona, che hanno accompagnato molte delle sue indagini. La sua esperienza sotto scorta, dopo aver denunciato potenti figure mafiose e politiche, dimostra quanto possa essere pericoloso questo mestiere. Tuttavia, Ranucci insiste sull’importanza di mantenere viva la memoria e di denunciare le ingiustizie, anche a costo di sacrifici personali. Il suo racconto si arricchisce di aneddoti drammatici, come quello del killer albanese che ha salvato inconsapevolmente da morte certa, trovando conforto nel pensiero di aver scelto il bene comune sopra ogni cosa.
Il libro è arricchito da ritratti di persone che hanno influenzato e supportato Ranucci nel suo percorso. Tra queste, spiccano figure come suo padre, un atleta e finanziere carismatico, e Roberto Morrione, fondatore di Rai News 24 e mentore di Ranucci. Questi personaggi non solo hanno formato il giornalista, ma hanno anche incarnato i valori di integrità e determinazione che Ranucci considera fondamentali per il giornalismo d’inchiesta.
“La scelta” si rivela quindi un’opera appassionata e intensa, che non solo documenta l’importanza del giornalismo d’inchiesta in una democrazia, ma offre anche una visione intima e personale di un uomo che ha dedicato la sua vita a cercare e raccontare la verità. È un libro che invita i lettori a riflettere sul ruolo cruciale dell’informazione libera e indipendente e sulla responsabilità di coloro che scelgono di seguire questa strada difficile ma essenziale.
Le storie raccontate da Ranucci sono intrise di dettagli vividi e testimonianze di prima mano. Ad esempio, l’inchiesta sulle armi al fosforo bianco a Fallujah non solo ha rivelato crimini di guerra, ma ha anche portato alla luce la devastazione e la sofferenza delle vittime civili. Ranucci descrive con precisione gli effetti delle armi chimiche, l’orrore delle vittime e la mancanza di responsabilità da parte delle autorità militari coinvolte.
Un altro esempio è l’indagine sulla Parmalat e il crollo dell’impero di Callisto Tanzi. Ranucci svela i meccanismi di frode finanziaria e corruzione che hanno portato al disastro economico, causando danni enormi a investitori e dipendenti. La ricerca della verità in questo caso ha richiesto un lavoro meticoloso di ricostruzione dei fatti e di collegamento tra prove disperse, evidenziando la complessità del giornalismo investigativo.
Spesso, nelle interviste, Ranucci sottolinea l’importanza della memoria storica e della lotta contro l’oblio. Parla delle leggi liberticide, come la legge Cartabia, che rischiano di cancellare processi importanti e di rendere anonimi gli imputati. La difesa della memoria è vista come una responsabilità fondamentale del giornalismo, essenziale per mantenere viva la consapevolezza dei diritti e delle ingiustizie.
“La Scelta” è anche un tributo alle persone comuni che, con coraggio e determinazione, hanno contribuito alle sue inchieste. Ranucci racconta di un vagabondo che ha giocato un ruolo cruciale nello scoop di Fallujah, di un tassista che ha aiutato a ritrovare opere d’arte rubate, e di una producer svizzera che ha evitato un complotto contro di lui. Questi personaggi, spesso ignorati o dimenticati, sono celebrati per il loro contributo essenziale alla verità e alla giustizia.
Il libro si conclude con una riflessione sull’etica del giornalismo e sul futuro della libertà di informazione. Ranucci esprime preoccupazione per la crescente influenza dei poteri politici ed economici sui media, ma rimane fermamente convinto che il giornalismo indipendente possa e debba resistere. Incoraggia i giovani giornalisti a seguire il proprio istinto, a mantenere una sana curiosità e a non piegarsi di fronte alle pressioni.
In definitiva, “La Scelta” è molto più di un semplice resoconto di inchieste giornalistiche. È un viaggio emozionante e ispiratore nella mente e nel cuore di uno dei più coraggiosi difensori della libertà dell’informazione. Con una narrazione avvincente e una profondità sorprendente, questo libro cattura l’essenza stessa del giornalismo d’inchiesta e del suo potere trasformativo. Un’opera che non solo informa e illumina, ma anche ispira e incanta, ricordandoci l’importanza della verità e della giustizia in una società democratica.
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